13 mesi ad accumulare macerie, pezzi che teniamo insieme per riconoscerci, per voltarci indietro senza chiamata, per il bisogno di ricordarsi nella forma di prima, nell'altra vita.
Accumulatori seriali, questo è un ruolo plausibile, giustificherebbe gran parte del nostro fare, abbiamo levato per rimpiazzare. Aria nuova! Parole nuove! Cose nuove!
L'insistenza di un silenzio che colmiamo con convinzioni e convenzioni, gesti che costruiscono, che provano a rifondare sui detriti, con forti scivoloni, ferite, graffi, lacrime e dolore.
Un filo sottilissimo tiene insieme le cose, e quando si spezza via a fare nodi, unire congiungere, con il desiderio del seguire, del venire dopo, del vedere poi.
13 mesi, 395 giorni, 9480 ore, e poi i minuti e i secondi, alla fine gli ultimi, i battiti che si contano nel petto, bum bum bum.
Le assenze che contano, talmente evidenti che le vedi, i vuoti, pezzi mancanti che escono da noi e ancora una volta si dispongono al disordine, si confondono, diventano mucchi.
13 mesi a spostare i pezzi, come le costruzioni inutili, pezzi di lego che vanno bene ovunque e male ovunque.
Li ami perché sono pezzi di te, saranno li fino alla fine, quando apriremo le tende e verremo accecati dalla luce lontana, oltre da noi, l'unico desiderio che mi tiene sveglio.